martedì 17 maggio 2011

Speculazioni sul nascere e morire del sole

"Il sole è nuovo ogni giorno". Eraclito

Il sole con il suo cosmico ritmo del nascere e morire elicita angosce profonde relative alla paura che questo ciclo non si pepetui. Il sole assume un significato simbolico potente nella mitologia.  

Nel mito egizio Ra, Dio del Sole, percorre ogni notte il mondo degli inferi su una nave reale, naviga lungo il Nilo celeste attraversando la Duat, superando Caos per emergere ancora una volta all'alba, trionfante, protetto dal mostro Apep (rappresentazione del buio) da Seth (il Dio del Caos) e Mehen (è il benefico dio-serpente, guardiano della barca solare di Ra). 

Anche per i Celti il sole, dopo il tramonto, compie un viaggio negli inferi, per riapparire all’alba dopo aver "fatto morire le stelle". 

Nella mia, seppur breve, esperienza ho potuto constatare l'importanza e l'intensa simbologia che intercorre tra il sole, in particolare proprio al suo ciclico nascere e morire, e la psicopatologia. Dice Giovanni Falcone che "chi ha paura di morire muore ogni giorno", ed è un'angoscia molto simile alla morte l'intenso terrore che non faccia mai giorno, che il sole non sorga, la lenta agonia dell'attendere il primo raggio di sole delle persone che sono affette da psicosi, attacchi di panico o in alcuni casi gravi di insonnia.  

Lo sapeva bene la poetessa Emily Dickinson che scrive:
"Tutti hanno diritto al mattino,
alla notte solo alcuni.
Alla luce dell'aurora
pochi eccelsi privilegiati".

Una più intuitiva categoria del malessere correlato alla luce solare riguarda le malattie dell'umore stagionali (vedi Seasonal Affective Disorders, SAD), da cui scaturisce l'importanza dell'esposizione alla luce per le persone che soffrono di depressione e di alterazioni maniacali. Non a caso secondo la cromoterapia la luce del sole è uno degli elementi che determinano lo stato d'animo delle persone. 

Il solstizio d'inverno, la rinascita del sole dopo l'inverno, ha rappresentato nei secoli occasione di festività di vario genere: il "Sol Invictus" per i pagani, i "Saturnalia" nell'antica Roma, "Kwanzaa" per alcuni afroamericani, "Yule" nel Neopaganesimo o lo stesso "Natale" per il Cristianesimo. 

Esiste anche la luminoterapia, o terapia della luce, che consiste nell' esposizione alla luce del giorno o per specifiche lunghezze d'onda della luce attraverso delle speciali lampade che riproducono la luce solare. La luce viene somministrata per un periodo di tempo stabilito e, in alcuni casi, in un momento specifico della giornata. 

Da un punto di vista archetipico il Sole rappresenta l'Io, il calore, la lealtà, il coraggio, l'essenza individuale, la vera natura dell'essere umano, il suo essere interiore, la vitalità. 

Il mito del sole infine assomiglia incredibilmente a quello di Edipo, tanto caro agli psicoanalisti - infatti - il sole è l'eroe destinato ad uccidere il suo creatore, il buio, e dividere il letto con sua madre, la notte, dal cui grembo (l'aurora) è nato. L'eroe muore infine accecato come il sole che tramonta.

lunedì 2 maggio 2011

Francesca Woodman maestra dell'autoritratto

"Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffé e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate". Francesca Woodman

(Preparazione alla mostra Francesca Woodman, La fotografia fra mistero, solitudine e tormento, a Il museo del Louvre, Via della Reginella 28, 23 maggio 2011/19 giugno 2011, Roma - 2.0) 
 
Francesca Woodman dopo più di dieci anni torna a Roma in un viaggio che proseguirà al Moma di San Francisco e poi al Guggenheim di New York. Verranno esposte 77 opere inedite, molte relative proprio al periodo romano.

La Woodman, come molti altri artisti del secolo scorso si è formata con l'elaborazione di un problema che viene proposto come metodo di insegnamento. Tra le circa cinquecento foto che compongono la sua opera ce ne sono molte nel formato utilizzato per la presentazione dei compiti a casa della scuola di fotografia e spesso portano i titoli della serie di esercitazioni pensate per introdurre gli allievi fotografi alle basilari tecniche fotografiche.Così troviamo "profondità di campo", "punto di visione", e così via.

L'artista rispode a questi problemi con quello che poi sarebbe diventato il suo modo di lavorare: interiorizzò il problema rendendolo soggettivo e quanto più personale possibile. Essere all'interno della fotografia sembra comportare un rischio che la Woodman non fa correre ad altri che a se stessa. Inserisce sempre il proprio corpo all'interno del campo di risoluzione del problema, usandolo, comprendendolo, modellandolo. Non c'è nulla di narcisistico nell'uso che la Woodan fa della propria persona, bensì è piuttosto un iscrivere il linguaggio oggettivo sul proprio corpo.

Fonte: Rosalind Krauss, Celibi, editore Codice.



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