domenica 29 gennaio 2012

Piet Mondrian e la realtà pura

"Credo sia possibile che, attraverso linee orizzontali e verticali costruite con coscienza, ma non con calcolo, guidate da un’alta intuizione, e create con armonia e ritmo, queste forme basilari di bellezza, aiutate se necessario da altre linee o curve, possano divenire un’opera d’arte, così forte quanto vera”. Piet Mondrian


(Preparazione alla mostra “Mondrian. L'armonia perfetta”: dall'8 ottobre 2011 al 29 gennaio 2012 al Complesso del Vittoriano di Roma)

Secondo Mondrian l’arte tradizionale prende come modello il mondo della natura, determinando un equivoco di fondo, l'illusione di poter trovare un equilibrio tra l’individuale e l’universale, mentre in realtà le forme, i colori naturali, il ritmo, le relazioni che tra loro esprimono, nella maggioranza dei casi non può essere risolto puntando su forme diverse di rappresentazione della realtà naturale, ma piuttosto rinunciando definitivamente a conciliare gli opposti.

Mondrian è impegnato nella costante ricerca dell'universale. L'universale consiste in quella che lui chiama "realtà pura". L'espressione della realtà pura è ostacolata da ogni componente personale e soggettiva, ma anche dalla rappresentazione di ogni dettaglio descrittivo. Quindi, l'unico modo per giungere all'espressione della realtà pura è l'astrazione.

Mondrian è sicuro di superare, grazie alla pittura, tutto ciò che è individuale e soggettivo, penetrando così nell’universale, nell’oggettivo, che per lui consiste nell’unica realtà, nell’unico equilibrio possibile. 
Nel lavoro di Piet Mondrian è forte la componente mistica di derivazione teosofica. Le premesse sono, in parte, simili a quelle di un altro "padre" della pittura astratta: Wassily Kandinsky. Mondrian e Kandinsky sono convinti entrambi della funzione spirituale dell'arte: cioè la possibilità da parte della pittura di tradurre in termini figurativi l'essenza della realtà. In questa ricerca pervengono entrambi all'astrazione. Ma mentre Kandinsky cerca di arrivare alla comprensione dell'universo attraverso l'espressione del sentimento e dell'interiorità, per Mondrian invece la soggettività è un ostacolo.
L'originalità di Mondrian sta nel tentativo di esprimere con la pittura non il sentimento individuale che si rapporta alla realtà, ma il sentimento collettivo astratto, mediante un'unica forma, che egli chiama "neutra", il rettangolo, perché in esso la linea non ha l'ambiguità della curva, ma la decisione della retta e perché nei suoi angoli si equilibrano in unità le due forze contrastanti delle diverse direzioni della linea, quella verticale e quella orizzontale. Il suo è un tentativo di dare un senso ordinato, logico, lineare a una realtà che non ha senso.

Mondrian riduce la tavolozza ai tre colori primari, col nero e il bianco-grigio. Strutturando i suoi quadri su una griglia di linee nere verticali e orizzontali, organizza ulteriormente le composizioni intorno a un quadrato o rettangolo bianco-grigio dominante incorniciato da linee nere, limitando il colore alle zone marginali più piccole.

(fonte e per approfondire http://www.homolaicus.com/arte/mondrian.htm)




lunedì 23 gennaio 2012

Dentro o fuori? In risposta a DR

"Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te". Friedrich Wilhelm Nietzsche

Qualche giorno fa ho intrattenuto uno scambio di messaggi con il blogger DR che cura un bel blog ricco di poesie, letteratura e arte. Lo trovate nel mio blogroll: il canto delle sirene, assolutamente ve lo consiglio! Bene, ora arriviamo a noi, DR ha detto... "quel qualcosa che ci turba senza che noi sappiamo cos'è... è dentro noi o al di fuori?". 

Parto dalla riflessione acuta di Emily Dickinson che ha scritto: "Non è necessario essere una stanza o una casa per essere stregata. Il cervello ha corridoi che vanno oltre gli spazi materiali". In quei corridoi credo che si annidi ciò che più mi turba. A volte ho la sensazione di implodere nei meandri dei cunicoli sotteranei della mia mente. Ciò che mi turba crea un caos tale da annullare ciò che è fuori di me, l'oggettività del mondo cosiddetto reale scompare, per qualche frazione di tempo, più o meno dilatato. Tutto ciò che di me esiste, tutta la mia storia, richiama e reclama l'attenzione - sublime - ma senza seguire un filo logico o temporale coerente. Ciò che è fuori è considerato solo per avvallare la realtà soggettiva e come dice un mio docente faccio quello che lui chiama uno "spezzatino di realtà". La realtà trabocca di significato ma senza avere senso.

Attraverso attimi di angoscia e terrore che mi perturbano e temo che da quel labirinto mentale dove sono finita non uscirò più, costretta a vagare come un viaggiatore errante che ha perduto la sua meta.

Finchè non riesco a trovare uno spiraglio in fondo al tunnel. E' allora che sento di partorire la celeberrima stella che danza. Ma facciamo un passo indietro. Quando sono nel tunnel, o meglio nel labirinto di tunnel, la mia interiorità mi attanaglia ma sono gli altri significativi che mi aiutano con i loro piedi e i loro sguardi a schiacciare il serpente (e sono stati Saru, N. e mia madre), che mi danno pace e mi fanno vedere uno spiraglio di luce. La stabilità dei rapporti. La chiarezza degli intenti. La semplicità delle dichiarazioni quasi fossi una bambina molto piccola che ancora non conosce i significati più complessi della vita e rischia di essere confusa. Sto imparando lentamente e con fatica a voler bene a ciò che ho dentro di me, a quella parte di me che per la Pimpi dovrebbe essere un mio vanto, la parte che lei definisce appartenere al genio.

Altre volte mi turba ciò che è fuori dal labirinto di tunnel, come l'ho chiamato. Ma certamente sono quisquiglie in confronto!


giovedì 12 gennaio 2012

Il lutto qui sul corso di Torpigna

"Oggi fanno male, solo male quelle candele. E a loro diamo il tempo del dolore. Ma cerchiamo in questo grande dolore di trovare il respiro di una sfida comune. Con quel giusto silenzio che accompagna le lacrime, ma non le lascia sole". Andrea Segre

Torpignattara. Un silenzio assordante, attonito. La maggior parte dei negozi sono chiusi e recano la scritta "Questo esercizio rimarrà chiuso dalle 17.00 alle 18.00. Chiediamo giustizia per la tragica morte del nostro fratello Zhou Zeng e della sua bambina Joy". 

In questo fazzoletto di strade, che ho imparato a conoscere bene da quando è arrivata Berta, la cagnolina, si è consumato uno dei crimini più atroci che si diffonde come un urlo sordo negli animi degli abitanti della zona senza distinzione di razza. Infatti, è chiuso il mio negozio cinese di fiducia come il bar romano proprio sotto casa come pure il negozio bangla dove compro i mango quando è stagione e il latte di cocco.

Qui sul corso come le mie dirimpettaie amano chiamare Via della Marranella ho riscoperto la vicinanza, la prossimità e persino l'aggregazione talvolta. Quando passo con il cane mi saluta il cuoco del ristorante Taste of India, il barista, il sarto e sua moglie, il falegname come pure il fruttivendolo. Ogni saracinesca è una storia e io di queste storie sento di essere entrata un po' a far parte. Vederle chiuse è comprendere che siamo parte dello stesso universale dolore.

mercoledì 11 gennaio 2012

Sparse riflessioni sull'amore

"C'è tutta una vita in un'ora d'amore". (Honoré de Balzac)


Rifletto sulla sensazione di sentirmi a casa e "sistemata" e incontro le parole di Luce Irigaray che mi fanno da monito: "Lo stato – fisico o spirituale – che produce in noi la primavera, certi paesaggi, certi fenomeni cosmici, può accadere all’inizio di un incontro con altri. L’altro ci commuove in tal modo nei primi momenti di incontro, toccandoci in maniera globale, non conoscibile, non padroneggiabile. Poi, troppo spesso, lo facciamo nostro – o la facciamo nostra – attraverso la conoscenza, la sensibilità, la cultura. Entrando nel nostro orizzonte, nel nostro mondo, l’altro perde la stranezza della sua attrazione. La sua presenza ci circondava di un certo mistero, comunicandoci un risveglio sia corporeo sia spirituale, ma lo riconduciamo a noi, lo conglobiamo a nostra volta. Al limite, non lo vediamo più, non lo udiamo più, non lo percepiamo più. Fa parte di noi. A meno che non lo respingiamo".

Anche Umberto Galimberti si interroga sul tema dell'amore, mettendo questa volta l'accento sul possesso. "Tutto questo per dire che l'amore non è possesso, perché il possesso non tende al bene dell'altro, né alla lealtà verso l'altro, ma solo al mantenimento della relazione, che, lungi dal garantire la felicità, che è sempre nella ricerca e nella conoscenza di sé, la sacrifica in cambio di sicurezza".


Bauman ha scritto un bel saggio sull'amore e la sicurezza, in L'amore liquido sostiene che "Fino a quando le relazioni sono viste come investimenti redditizi, come garanzie di sicurezza a soluzioni ai tuoi problemi, non c’è via di scampo: testa perdi, croce vince l’altro.
La solitudine genera insicurezza, ma altrettanto sembra fare la relazione sentimentale.
In una relazione, puoi sentirti altrettanto insicuro di quanto saresti senza di essa, o anche peggio. Cambiano solo i nomi che dai alla tua ansia…
Una volta insinuato il tarlo dell’insicurezza, la navigazione non è mai sicura, ragionata e tranquilla. Senza timone, la fragile zattera della relazione ondeggia tra due nefasti scogli su cui tanti rapporti si infrangono: sottomissione totale e potere totale, accettazione supina e prevaricazione arrogante, rinuncia alla propria autonomia e distruzione dell’autonomia del partner. L’infrangersi contro uno qualsiasi di questi due scogli farebbe affondare finanche una nave in perfette condizioni e con un equipaggio esperto – figuriamoci una zattera con a bordo un marinaio inesperto che, cresciuto nell’epoca dei pezzi di ricambio, non ha mai imparato l’arte della riparazione. Nessuno dei marinai di oggi perderebbe tempo a riparare la parte danneggiata, ma la sostituirebbe con un'altra identica. Sulla zattera delle relazioni, tuttavia, non si sono ricambi disponibili".

E' stato Fromm a teorizzare che l'amore sia una vera e propria arte e, in quanto tale, necessiti di disciplina, concentrazione, pazienza, supremo interesse e umiltà.

Amare è anche conoscere attraverso quell'amore sè stessi e come dice David Leavitt "Ciascuno, a modo suo, trova ciò che deve amare, e lo ama, la finestra diventa uno specchio; qualunque sia la cosa che amiamo, è quello che noi siamo".

L'amare riporta a se stessi, come dice Lou Andreas Salomé "L’uno sfiora solo l’altro lasciandolo poi a se stesso. E’ sempre una stella irraggiungibile che noi amiamo, e ogni amore è sempre nella sua profonda essenza una segreta tragedia, ma proprio per il fatto di esserlo riesce ad avere effetti così potentemente produttivi".

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